Chi ha visto Monica Barengo? Intervista di Davide Calì

Una sera dello scorso febbraio ero sulla metropolitana di Torino, persa nei miei pensieri, quando il treno si è fermato e un po’ evanescente nel riflesso del vetro, esattamente davanti a me, è apparsa nientemeno che Monica Barengo. Abbiamo riso molto, ancora prima di salutarci, perché era stato buffo come ci fossimo trovate esattamente una davanti all’altra dopo anni che non ci vedevamo. Pochi giorni dopo, tornata a Milano, Davide Calì mi ha scritto “Ti va un’intervista a Monica Barengo?” e come avrei potuto dire di no?

Come sempre, è molto interessante leggerla e vedere quanto le sue illustrazioni la raccontano.

Buona lettura!

A cura di Davide Calì

Volevo fare a Monica un’intervista spensierata, sul suo lavoro a Taiwan, in Francia e in Australia e sul suo imminente ritorno in Italia. Monica ci ha regalato invece un’intervista molto intima e personale, sul suo lavoro ma anche su come è cambiata la sua vita negli ultimi due anni e su alcune sue fragilità.

E’ un po’ che non ti si vede in giro, dove sei sparita? Ma è vero che lavori in Cina?

Sono stati due anni difficili. Ho perso il mio papà e mi sono persa io, avevo paura che il mio lavoro ne risentisse così mi sono allontanata da tutto, anche dai social, e quando ci sono tornata non è stato semplice riprendere il giro e pubblicare le cose come facevo prima.

Ancora adesso fatico, ogni cosa sembra superflua e si può non dire, così finisco per non dire niente. Piano piano sto combattendo questo muro con Instagram, quindi se volete vedere qualcosa è più probabile trovarmi lì.

Sono sparita, ma sono stati anni molto produttivi, ho pubblicato due libri con Grimm Press una casa editrice di Taiwan, uno con Motus un editore francese e ho continuato la mia collaborazione con Womankind, una rivista Australiana.

Raccontaci la tua esperienza con Taiwan. Se non sbaglio hai fatto due libri? Di cosa parlano?

La mia con Taiwan è stata, anzi è una bellissima esperienza e parlo anche al presente perché abbiamo in programma ancora un paio di libri.

Ho sempre avuto un debole per l’Asia in particolare Cina e Giappone, per la loro cultura, per il cibo, per tutto. Grimm Press era una casa editrice che tenevo d’occhio da un paio di anni.
Ogni anno andavo in fiera a Bologna portando sempre un libro in più. “Ci piace molto il tuo lavoro, ma per il momento non abbiamo un testo da darti” era sempre la risposta di Hao, che negli anni ha imparato a conoscermi e ad apprezzare il mio lavoro. Un paio di anni fa abbiamo fatto l’ennesimo colloquio in fiera e lui ha visto la mia serie sul Giappone realizzata per la rivista Womankind e gli si è accesa una lampadina, forse non credeva che il mio stile si potesse adattare a storie tradizionali legate alla loro cultura, ma vedendo quella serie mi ha subito detto che aveva un libro da propormi.
Così una settimana dopo la fiera mi è arrivato il testo che aveva pensato per me, raccontava la storia di due bambine, una cinese, nipote di un artigiano dell’antica Cina e una principessa europea, il libro ripercorre la lavorazione delle porcellane cinesi fino al commercio con l’Europa.

Galleria di illustrazioni da “The China Bottles” (Grimm Press) – Click per ingrandire

Il secondo libro, che è arrivato praticamente in contemporanea, racconta la storia di un nonno che costruisce giocattoli, questo nonno ha un nipote e insieme giocano e costruiscono giocattoli fino a quando il ragazzo non deve partire per andare a studiare all’estero, il tempo passa e il nonno invecchia e perde la memoria. Una storia dolcissima e nostalgica, sul tempo che passa, sull’importanza della tradizione e della famiglia.

Galleria di illustrazioni da “The spinning top” (Grimm Press) – Click per ingrandire

Come è stato lavorare con i taiwanesi? (sappi che abbiamo la segreta speranza che tu dica che è molto meglio lavorare con noi!)

E’ un onore per me lavorare con loro, per ogni progetto faccio molta ricerca perché racconto di una cultura che non è la mia, che sento e rispetto molto, altrettanto mi piace lavorare con l’Italia soprattutto per la collaborazione con Kite edizioni, dove mi sento a casa e non vedo l’ora di tornare.

Mentre lavoravi con Taiwan hai continuato a illustrare per una rivista australiana e hai anche fatto un libro in Francia. Cominciamo dalla rivista. Di che rivista si tratta? Che genere di articoli illustri? Con quale cadenza?

Womankind è una rivista al femminile che non pubblicizza prodotti di consumo, niente trucchi o vestiti, ma solo arte in tutte le sue forme, un bellissimo progetto editoriale di Antonia Case. Con Antonia ci siamo conosciute quasi quattro anni fa, lei aveva visto le mie illustrazioni su internet e si era innamorata del nostro Polline, voleva fare un articolo sul mio lavoro, io ero entusiasta che una rivista Australiana volesse parlare di me.

Galleria di illustrazioni per Womankind – Click per ingrandire

Era un numero lancio, una scommessa, ma la rivista ebbe un successo incredibile così Antonia mi chiese se potevo realizzare delle illustrazioni su misura per ogni numero ed io accettai subito. Siamo insieme dal primo numero con scadenza trimestrale.

Ora la rivista è un po’ ovunque: Inghilterra, Stati Uniti, Canada e Corea. Una bellissima collaborazione, che ha arricchito enormemente il mio portfolio. Io non illustro degli articoli, mi viene dato un tema e alcune parole chiave e realizzo quattro illustrazioni liberamente, il più delle volte creo delle micro storie che si auto concludono, altre volte no, sono completamente libera.

In Francia invece hai illustrato un libro per Motus, che mi è sembrato molto diverso da quello che hai fatto finora, almeno per quel che riguarda i personaggi, che sono dei bambini! Ce ne vuoi parlare?

Sì! Sta per uscire con Motus, “C’est bien top long à raconter!” di Isabelle Damotte una poesia sul primo giorno di scuola di una bimba delle elementari che io ho chiamato Adele.
E’ stato divertente disegnare una classe di bambini di sei anni, ho ripescato dai miei disegni delle elementari, dai ricordi: come la mela a pranzo di cui mangiavo solo i semini (senza sapere che erano velenosi :D), le matite per terra, i gessetti della lavagna che cadono e si rompono e l’imbarazzo di quando la maestra ti fa una domanda e tu non sai rispondere. Graficamente può sembrare diverso da quello che ho fatto fino ad adesso, ma sono sempre io, almeno per quel che credo di essere, forse è l’inizio di un piccolo cambiamento.

Il tuo primo libro è del 2013. In pochissimi anni hai bruciato le tappe: hai pubblicato tre libri in Italia, uno in Francia, due a Taiwan. Hai un sacco di fan e sei già diventata un modello per moltissimi illustratori. Come ti senti?

Se penso al mio lavoro sono felice, ma sono sempre la stessa, quella che hai conosciuto nel 2012, che ogni volta che finisce un progetto non è soddisfatta, che pensa che poteva fare di più, questo può sembrare un atteggiamento scoraggiante, in realtà ho capito che è la fiamma che mi da la spinta per fare sempre un passetto in più.

Approfondimenti

Monica Barengo vive a Torino, dove ha frequentato il corso di illustrazione allo IED.
Nel 2012 è stata selezionata per la Mostra degli Illustratori alla Children’s book Fair di Bologna.
Lavora come illustratrice per albi e riviste e disegna fumetti.
Foto di Ioan Pilat

Polline
Kite Edizioni (2013)
Autore: Davide Calì

Nuvola
Kite Edizioni (2016)
Autore: Alice Brière-Haquet

 


Un giorno, senza un perché

Kite Edizioni (2014)
Autore: Davide Calì

Commenti

commenti

Total
621
Shares
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Previous Article

Alla fine della Fiera

Next Article

Come ho iniziato a fare illustrazione: il mio percorso a ostacoli

Related Posts