Negli ultimi tempi, sul blog, per email e durante corsi ed incontri, mi è stato chiesto come ho cominciato a fare l’illustratrice freelance. E’ stata insomma, la domanda frequente numero 1.
E così, in occasione del mio compleanno, ho deciso di raccontare il mio percorso.
Fun fact: volevo registrare degli audio e mi sono spostata in campagna, lontana dal frastuono della città e dei vicini.
Da brava ragazza di città, ho sottovalutato un temibile nemico: l’ugola della gallina media.
Terminata di registrare la intro infatti, mi sono resa conto che le urla e i litigi dal pollaio, in sottofondo, rendevano inascoltabile l’intero il contenuto.
Così, dopo molte risate, eccomi qui, tornata alla cara e vecchia scrittura.
Una ragioniera che disegna
Come ho raccontato brevemente nella mia pagina bio, ho studiato ragioneria e, dopo il diploma, Lingue e Letterature Straniere.
Nei primi mesi del 2007 iniziò un processo interiore inarrestabile che mi portò ad interrompere gli studi (che pure amavo molto) per buttarmi a capofitto nell’avventura che è diventata una fetta enorme della mia vita attuale.
Nell’autunno di quell’anno mi iscrissi al corso di illustrazione dello IED.
Grandioso, no?
Ma non andò affatto bene. Anzi, chiamiamo le cose col loro nome: fu un completo disastro.
Non tutto il male viene per nuocere
Due mesi dopo essermi iscritta mi accorsi di non riuscire più a tenere nulla in mano. Né una posata, né un pettine, né una matita.
Fu l’inizio di un incubo che durò diversi anni, di cui il primo in fase acuta, fu il peggiore della mia vita.
Passavo molto tempo a letto, debole e dolorante, e non potevo fare altro che leggere e guardare film.
Il mio stato di salute altalenante non aveva però spento le mie inclinazioni, le aveva intensificate; una volta finita la fase acuta, per tutto l’anno seguente mi concentrai su studio e disegno. Non potendo uscire granché, non ero in balìa di grandi distrazioni e questo velocizzò straordinariamente il mio apprendimento.
Quello è stato il grande periodo-spugna. Vedevo una cosa, provavo a farla e la assorbivo.

L'importanza di essere (quasi) pronti
Cominciai a fare sul serio: decisi di preparare un portfolio di 12 immagini e disegnare tantissime tavole “extra”, comprare un dominio e aprire il mio primo sito.
Che non era ancora questo.
Partecipai a qualche concorso e a qualche mostra, per mettermi in gioco.
Ma la differenza la fecero le ore che, quando riuscivo a uscire, trascorrevo in biblioteca e per librerie, a cui ne seguivano altrettante sui siti e sui cataloghi di produttori ed editori.
Con un taccuino alla mano appuntai meticolosamente una serie di informazioni preziose (cosa che periodicamente faccio ancora) che mi sarebbero servite per capire chi contattare.
Quando iniziai a farlo, le risposte furono piuttosto veloci. Imparai a prendere un quantitativo imbarazzante di porte in faccia senza fare un plisset.
A meno di un anno da quando facevo illustrazione, mi ero trovata a lavorare con uno dei più grossi gruppi editoriali italiani.
Fu frustrante, e difficile perché non ero completamente pronta per un’esperienza così “di alto livello”, ma fu istruttivo. E non mi pentii di essermici buttata.
E poi, il fatto di essere stata contattata da un cliente così importante mi diede molta fiducia e carica.
Il primo vero gradino che ha costituito uno spartiacque fra il prima e il dopo è stata la collaborazione con un editore francese (anch’esso di grandi dimensioni): da lì in poi arrivò tantissimo lavoro.

Non molto più tardi mi scrisse dal Portogallo Ines, la mia prima agente, che mi insegnò a tenere ordinato il portfolio e pensarlo per dei clienti a cui volevo arrivare.
In quel periodo mi appassionai più che mai al mercato dell’illustrazione e non solo ad illustrare.
E’ stato proprio così che, tra il 2014 e e il 2015, ho aperto partita IVA e ho rivoluzionato completamente il modo in cui disegnavo per potermi dedicare ai miei due mercati preferiti: quello britannico e quello americano.
Reinventarsi non è facile; ci sono voluti mesi di metodica ricerca e raccolta.
In un certo senso, non ho solo cominciato a fare illustrazione, ma ho anche ricominciato da capo. E senza fermarmi, perché non potevo permettermelo.
Questo mi ha portato nel giro di sei mesi ad essere contattata dalla seconda agenzia che ora mi rappresenta e che mi ha confermato che ero davvero molto adatta ai mercati a cui avevo voluto avvicinarmi. I miei studi sono stati davvero ripagati: ho raddoppiato le commissioni e lavorato spesso con Regno Unito, Asia e Stati Uniti.
Chissà quante altre volte dovrò rinnovarmi e, per alcuni aspetti, ricominciare.
Bisogna farci pace, se si vuole disegnare freelance.
Percorsi diversi, ostacoli segreti
Negli anni ho ascoltato e letto con interesse del percorso di altri illustratori.
Mi ricorda come a volte si arrivi alle stesse cose facendo strade completamente diverse.
A proposito di questo, ti consiglio di non fare mai confronti tra il tuo percorso e quello di un’altra persona.
Dal momento che non ne esistono due uguali, la cosa più saggia che puoi regalarti è concentrarti sulle tue tappe.
E’ difficile? Forse: ma dimezzare il tuo tempo sui social può fare miracoli!

Sui social quasi nessuno racconta quanto ha sgomitato per arrivare su quell’annual o per lavorare col grande cliente. Quanti weekend e festivi ha passato al tavolo da disegno mentre gli amici erano fuori a cazzeggiare.
Nessuno racconta quante pessime locandina per la sagra della porchetta e pallosissimi raccontini ha dovuto disegnare prima che gli venisse affidato il progetto dei suoi sogni.
E nessuno ti dice che ha fatto fatica, perché in fondo ci piace crogiolarci nella fiaba e nell’idea irrazionale che le cose arrivino per “magia”, solo desiderandole.
La fata Madrina c’era solo per Cenerentola. A noi, tocca farci il mazzo.
Grazie Morena.
Finora vedo tutto come una montagna, ma spero presto di sfruttare i tuoi consigli, anche i manuali e rendere percorribile la mia strada.
si può scalare! :-) coraggio
“Chissà quante altre volte dovrò rinnovarmi e, per alcuni aspetti, ricominciare.
Bisogna farci pace, se si vuole disegnare freelance.”
Ossignor, veramente? ma arrivato ad avere uno stile identità non era quasi per sempre? Anyway, grazie per questo post illuminante.
per me lo “stile” è un po’ un miraggio, nel senso che lo stile è come disegniamo noi, non qualcosa che ci chiedono.
Non è realistico pensare che vadano le stesse cose per 20 anni. Certo, i casi ci sono (Nicoletta Costa per esempio, nel caso dell’infanzia, o TokiDoki al di fuori) ma non sono proprio la regola.
Il compito di un illustratore commerciale è anche mantenersi in trend e io lo trovo stimolante per questo :)
Grazie mille – per la tua testimonianza, Morena!
Il tuo blog è un tesoro prezioso – assieme ai consigli che mi hai fornito sulla composizione!
Te ne sarò sempre grato!
Gino
Ma che bello,grazie a te per questo commento :-) in bocca al lupo per tutto