L’ultimo lunedì di questa serie chiudiamo il ciclo di interviste a cura di Mariapaola Pesce , con la seconda parte della chiacchierata con Davide Calì, autore di libri per l’infanzia e fumetti.
Per leggere la prima parte di questa intervista, cliccate qui.
A cura di Mariapaola Pesce
Se un artista finisce per incagliarsi in un progetto da cui non esce, o il suo stile perde appeal, si demotiva, che consiglio dai?
Questo è un altro dei tanti aspetti difficili da gestire. Non è facile capire quando un progetto non sta funzionando. Io l’ho sempre fatto istintivamente, ma non saprei spiegare se seguo un criterio di qualche tipo. In generale consiglio di cercare un distacco dal proprio lavoro.
Quando hai una forte affezione per qualcosa, hai più difficoltà a lavorarci, a rivederla in funzione di un feedback o a lasciarla andare se non funziona.
In generale si deve essere pronti, credo, a mettere da parte le cose e riprenderle dopo un po’. L’ostinazione produce quasi sempre frustrazione, se poi il risultato non arriva.
Senti, ma in veste di editor, ce la faresti una fenomenologia dell’illustratore?
Hahah! Ma se ti rispondo poi nessuno vorrà lavorare con me!
Scherzi a parte, tutti abbiamo delle attitudini e dei difetti, io per primo e chi lavora con me lo sa molto bene.
Penso che più che una fenomenologia dell’illustratore, ci sia una fenomenologia di quello che vorrebbe esserlo e convenzionalmente si chiama wannabe. (Aspirante o mancato, n.d.r)
Attenzione, non è un dilettante pieno di sogni, quello lo siamo stati tutti.
Il wannabe è quello che in qualche modo non supera mai la fase del sogno.
E’ un po’ un simulatore, si traveste da professionista e si mescola agli altri, ti chiede un appuntamento o ti scrive, sperando in una risposta.
Ma in realtà la sua vera speranza è di non avere nessuna risposta, per continuare a crogiolarsi nel sogno. Se gli rispondi, c’è quello che svanisce immediatamente e quello che invece va avanti, viene all’appuntamento oppure ti spedisce materiale sempre sperando che non succeda nulla. Se invece succede che ti piace e lo richiami, di nuovo, c’è quello che sparisce, quello che educatamente ti comunica che non può dedicarsi al progetto e quello che invece va avanti.
Sono i peggiori, perché troveranno il modo di far fallire il progetto in corso, dopo che ci hai già investito dei soldi e del tempo.
Sei dell’idea che il coaching possa essere applicato
alla dimensione artistica dell’illustrazione?
Sì, ne sono convinto.
Lo penso da quando mi sono reso conto che la direzione artistica non basta. Certe volte, per sbloccare un lavoro o una carriera che si è fermata, bisogna agire sulle origini del blocco.
In alcune occasioni ho seguito persone bloccate nel lavoro, sono riuscito ad accompagnarle fino alla presentazione dei progetti, ma poi li hanno fatti franare per questioni caratteriali. E’ lì che ho capito che non basta semplicemente perfezionare un progetto o un portfolio, bisogna capire in che punto tutto si è inceppato.
Approfondimenti

Nata a Genova nel 1965. Libraia per eredità familiare, poi formatrice aziendale ed executive coach per una multinazionale delle telecomunicazioni, al momento si occupa di scrittura e formazione, coordinando le attività del progetto Omero- Gli scrittori raccontano i libri.
Al suo attivo il libro Il bello dello sport (Giunti – Progetti Educativi), e diverse collaborazioni con Slowfood e la rivista Lg Argomenti. Il suo primo album illustrato per bambini Si j’étais une souris è in uscita per Grasset nel 2018, contemporaneamente ad un albo con Eli Publishing ed un volume con Electa.