Sono un tipo ordinato e piuttosto deciso: per questo non tengo i sogni nel cassetto. Preferisco metterli in pratiche scatole etichettate.
Pur ordinate ed organizzate al millimetro, le mie scatole grigie foderate a quadretti possono restare chiuse per anni. Ed è stato proprio così per quella dedicata al materiale da acquarello.
Negli anni ho buttato barattoli troppo bassi, stracci consumati, pennelli con le setole impazzite. Ho anche comprato nuove cose, perché mi piace pensare che nel caso mi prenda “l’attacco d’arte” ho tutto pronto per l’occasione. Per lo stesso motivo, in un mobile attiguo, conservo da cinque e otto anni, degli enormi album da acquarello ancora nuovi, con carte molto diverse fra loro. Non posso mai sapere dove cadrà la preferenza quando li userò.
Dietro la loro triste immobilità c’è una storia, che però è contenuta nella scatola grigia e foderata a quadretti, e poi nel cofanetto Cotman di Winsor&Newton al suo interno, che avevo comprato nel 2009 per un viaggio.
Qualche volta l’ho riaperto solo per guardarci dentro con aria malinconica oppure annusare i godets, col loro profumo di sogno infranto; altre volte invece ho preparato un bicchiere di acqua prima di farlo, con la chiara intenzione di dipingere, e un’allarmante soggezione nel petto.
C’era sempre qualcosa che mi spingeva a rovesciare l’acqua ancora pulita nel lavabo, per poi mettere via i pennelli asciutti.
Nel cofanetto, i panetti di colore sono sempre stati lì, invitanti, alcuni di loro scavati e stortignaccoli per quanto li avevo usati; perché sì, c’è stato un tempo lontano in cui sono arrivata a consumarli.
E anche vedere quelle fossette nel centro, sciolte dall’uso frenetico e dai miei tentativi, mi faceva male. Fino ad oggi.

Una piccola parentesi colorata
Oggi è diverso, sulla mia scrivania c’è un kit di acquarelli che ho comprato domenica.
Sono economici, di consistenza sabbiosa e dai toni chimici. Mi piacevano, e quindi eccoli qui, senza troppo ponderare.
Se state pensando che li abbia comprati nell’ottica di mettermi a dipingere, siete lontani dalla verità. Magari bastasse così poco! No, la verità è che mi piacevano i colori, forti, energici, elettrici, come quelli che amo usare nelle mie tavole in digitale o a pastello; mi piaceva guardarli, e l’idea di averli intorno. Per questo, nella scatola grigia foderata a quadretti non ci sono entrati, dopo l’acquisto.

Disegnavo a computer con un occhio alle piccole tavolozze nere, finché, con poca convinzione e molta pigrizia, non ho deciso di disporre lo scottex, tre pennelli, un foglio da uno degli album, il piattino per miscelare i colori, due cotton fioc e per finire, una tazzina di acqua.
E’ stata una lotta con me stessa, riuscire a non mettere via tutto. Più volte sono stata sul punto di farlo. Ma era come se fossi nel bel mezzo di un rituale ben stabilito e dovevo continuare.
Poi sono rimasta lì, a fissare il foglio bianco con aria assente. Il tavolo imbandito di tutto il necessario non mi rendeva certo qualcuno degno di mettersi a dipingere un acquarello.
Degno. Questa parola mi rimbombava in testa.
Non sei degna. Falla finita, metti via tutta questa roba. Che cosa vorresti fare? L’acquarello non è per tutti. Non basta che ti piaccia, devi essere brava.
Se come me amate Harry Potter, ricorderete la scena in cui ne “I doni della Morte”, Ron porta al collo il medaglione horcrux, che emetteva le voci delle sue peggiori paure. Io sentivo proprio i miei timori, le mie incertezze, e ne ero certa, provenivano dal cofanetto Cotman alle mie spalle.
Mi sono fermata, e non ho pensato, ma ho fatto solo un grande respiro. Ho guardato la solita soggezione arrivare, fiorire, allargarsi nel petto per prendere tutto lo spazio a disposizione. Eppure, non avevo davvero voglia di mettere via tutta quella roba senza aver dipinto niente, non stavolta, mi stancava il solo pensiero. Perciò, un po’ irritata, ho aperto la scatola grigia foderata a quadretti e poi il cofanetto.

Acquarelli e vecchie paure
A una prima occhiata, le due palette colore che non ho mai lavato, il vecchio pennello blu con l’attacco delle setole indebolito e dondolante, i panetti consumati nel mezzo.
E poi, il resto che non si percepiva con la vista, ma solo con gli occhi della mente e della memoria:
“Ricordati che l’acquarello è la tecnica più difficile in assoluto. Non è per tutti.”
“E’ una tecnica troppo raffinata per il modo in cui disegni tu.”
“A fare ghirlandine di fiori ad acquarello sono capaci tutti. Non vuol dire sapere usare l’acquarello.”
“Se scegli gli acquarelli non ci puoi usare insieme le matite colorate!”
“Con gli acquarelli non puoi usare quei colori!”
“Con gli acquarelli non puoi usare niente di economico, pennelli sempre e solo di martora, la carta da dodici euro a foglio, altrimenti lascia stare già in partenza.”
“Con gli acquarelli non puoi usare il colore così coprente.”
Regole, restrizioni, una noia mortale!
E io l’ho anche permesso, perché quelle considerazioni venivano da qualcuno che ammiravo e di cui mi fidavo (anche troppo).
Sarà che, mentre il contenuto dei Cotman non era cambiato, lo ero io, ma quelle voci non mi sembravano più così spaventose.
Erano solo seccanti, come la vicina pettegola del terzo piano. E’ stata questione di un attimo: mentalmente sono tornata indietro nel tempo, dal proprietario di quelle voci e gli ho proprio detto “Che NOIA che sei! Gli acquarelli me li uso come mi pare e piace. Pure quelli da pochi euro, pensa te!”
Con uno scatto ho chiuso il cofanetto, l’ho messo via e ho iniziato a dipingere tranquilla, coi colori che preferivo, e tutte le incursioni di pastello che desideravo. Anche senza bagnato su bagnato.
Ci ho disegnato solo fiori e piantine. Perché sì. Mi piace, e tanto basta. Non sono qui per dimostrare qualcosa, ma per divertirmi.
Scoperta eccezionale: l’asse terrestre non ha subìto modifiche, non sono stata inghiottita da un buco nero, il foglio non si è dissolto sotto la sconsideratezza dei miei acquerelli da strapazzo. E guarda un po’, mi sono pure divertita.
Adesso, il piccolo nuovo kit l’ho riposto nella scatola grigia foderata a quadretti. Da fuori sembrerebbe identica a ieri, ma io so che è cambiata per sempre.
Riconoscere i buoni consigli da quelli distruttivi
Di chi erano le voci delle mie paure? Poco importa. Ciò che è davvero importante invece, è poterle mettere al loro posto, tra i consigli che ascolto ma che posso non mettere in pratica.
Non tutti i consigli ci vengono dati per il nostro bene. Alcuni sono patronizing, paternalistici, hanno solo lo scopo di farci sentire incapaci. L’ho capito tramite un esercizio ne “La via dell’Artista” di Julia Cameron, qualche tempo fa.
Si chiama “La stanza dei mostri/La stanza degli angeli”. Si creano due stanze mentali e poi per iscritto, in cui si mettono coloro che rispettivamente ci hanno ferito e limitato (di proposito o meno non fa differenza) e chi al contrario ci ha incoraggiato o consigliato in modo nutritivo.
Quello che portiamo con noi sono voci interiorizzate: finiamo col ripetercele e farle nostre.
Scrivendole nero su bianco, le vediamo per quello che sono: limiti altrui che abbiamo assorbito e accettato per noi stessi.
Grazie. Da qualche tempo seguo il tuo blog, mi ha interessata, mi ha divertita, e in questo posti ha fatto sentire meno sola. Ognuno di noi ha le sue personali paturnie che però, nel concreto, si traducono quasi sempre con un blocco davanti al foglio bianco. In questi gg combatto con il mio blocco e perciò il tuo post è arrivato proprio a fagiolo. Un saluto riconoscente!
Ciao!
Mi sono divertita molto leggendo il tuo articolo, che mi ha riportato indietro di tanti anni, quando, giovane studentessa di liceo artistico, sono stata attratta per la prima volta dagli acquerelli. Allora non sapevo ancora che avrebbero segnato tutta la mia vita, artistica e lavorativa e che mi avrebbero accompagnato ogni giorno.
Gli acquerelli hanno la capacità di trascinarti in un mondo magico, ma per entrarci richiedono di essere scoperti, richiedono dedizione, ma una volta conquistati, entrano a far parte di te e del tuo modo di creare e di esprimerti.
Parliamo dei fantasmi che ti hanno accompagnata per anni, e che sono gli stessi che riscontro nei miei allievi: ( insegno acquerello e disegno dal 1996)
Non è vero che l’uso degli acquerelli è per pochi eletti; è solo che per usarli bene bisogna conoscerne alcune particolarità.
La tecnica dell’acquerello, al contrario di quello che si pensa, è molto versatile e si adatta alla personalità di chi dipinge molto meglio di tante altre tecniche.
Essendo una tecnica che vive di trasparenze, è la più onesta che ci sia, tutto quello che fai arriva sul foglio e questo la rende particolarmente affascinante.
Assolutamente falsa l’affermazione che non si possono usare gli acquerelli con le matite colorate, anzi, si ottengono degli effetti davvero belli e interessanti.
Per i costi del materiale: è vero che gli acquerelli necessitano l’uso di buon materiale, ma è anche vero che colori e pennelli durano una vita se tenuti con cura.
Non ascoltare quindi più consigli disfattisti e vecchi fantasmi: apri spesso la tua scatola grigia e lascia che tutti i meravigliosi colori che ci sono all’interno possano uscire e trasformare le tue giornate in un bellissimo viaggio, fatto di salite, ma anche di tante bellissime, colorate discese!
Cari saluti
Rosy
E i vecchi colori si rivoltarono nella scatola grigia :-D:-D:-D
Ciao!
Ottimo post! Quanti pregiudizi che ci sono sugli acquarelli…li uso da una vita, da quando mia mamma (audace!) me li diede all’età di 4 anni ;) All’Istituto d’Arte un prof provò a intimorirmi con gli stessi argomenti della tua “voce”, ma non attecchì, ho la testa troppo dura! Uso carta di tutti i tipi -sono ottimi gli sketchbook con la spirale di Tiger- e ultimamente sperimento con dei buffi pennelli tozzi presi al reparto bambini dell’Ikea!!
Ah, per mantenere la tradizione ho dato la mia vecchia scatola della L&B con pennelli smessi a mia figlia: 3 anni! Voglio che cresca bene, io di acquarelli ne ho tanti… ;)
Psst…se posso permettermi…ora che hai aperto quella scatola, NON RICHIUDERLA!!!!