Nuvole basse, illustrazione, vento, Harry Potter: i diari scozzesi PARTE I

Ho pensato a lungo se e quando raccontare la mia settimana di viaggio in Scozia da cui sono tornata quasi un mese fa.

Da quando ho iniziato a spostarmi in solitaria, i viaggi sono per me una fonte inesauribile di riflessioni e ispirazioni. Devo processarle molto lentamente, cullarle e assaporarle con occhi e cuore; solo così diventano a tutti gli effetti lo sfavillante tesoro che mi porto a casa da ogni viaggio.

Sono partita con l’idea di ritrovare un po’ di respiro e di amore per quello che faccio, ritornando a Edimburgo, città dalla bellezza esuberante e orgogliosa, e spingendomi più a nord, sul mare di Dundee, passando per librerie e musei carichi di ispirazione, ma anche per parchi, manieri, rigogliosi giardini e immensi spazi aperti.
Sono tornata vincitrice? Scopritelo leggendo il mio diario, ecco la prima parte! :-) Buona lettura.

20 giugno: Chi me l’ha fatto fare?

La domanda che mi faccio ad ogni vigilia dalla partenza.
Viaggiare in solitaria significa dover essere sempre presente a me stessa e, nonostante una certa tendenza al perfezionismo, non posso dire di essere una persona poco sbadata. Riesco sempre a combinare qualche pasticcio.
Mentre mi avvio in aeroporto ripasso mentalmente le cose che devo fare e penso a quella volta che a dieci minuti dall’imbarco per tornare a Milano mi sono accorta di aver perso il biglietto.
Nel 2014, a due giorni dal ritorno, il bancomat ha smesso di funzionare e ho dovuto tirare avanti a cracker e succo di pera. Qualche anno prima mi hanno occupato la stanza e sono stata derubata.
Come ho potuto continuare a viaggiare da sola dopo degli episodi simili? Non ne ho idea. In qualche modo mi trovo sempre al punto (è il caso di dirlo) di partenza.

Decollo nel pomeriggio: i miei vicini di viaggio sono una famiglia con due bambine, di cui una davvero agitata dal volo. Spinta più dalla conservazione dei miei timpani che da bontà di cuore, inizio a disegnarle tutti gli animaletti che vuole. Fra giraffe, leoni e zebre, tre ore passano abbastanza in fretta.
E’ così che atterro a Edimburgo già piuttosto sfibrata e “Chi me l’ha fatto fare?” lampeggia come un neon di Las Vegas nella mia testa.

Mi rendo conto che il vero viaggio è cominciato solo quando, aspettando il taxi a Waverley Station, vedo il sole che sta tramontando dietro la drammatica silouhette dello Scott Monument. Mi emoziono a tal punto da restare imbambolata e una signora sale su quello che doveva essere il mio taxi. Pazienza, ottima scusa per mettersi a fare un po’ di foto. Respiro per la prima volta in cinque ore.

Un tassista molto simpatico mi porta a casa, a Sud della città, chiacchieriamo della Brexit. Le numerose bandierine europee alle finestre delle abitazioni mi colpiscono molto. A tratti, fatico a stare dietro alla supersonica parlata scozzese.
Come tanti britannici, lui è piuttosto convinto che tutta l’Italia sia come Capri, ma si lamenta perché in Italia tutti pensano che la Gran Bretagna sia solo Londra. Quando gli faccio notare la contraddizione, ridiamo fragorosamente. Quanto mi è mancata la Scozia, solo ora me ne rendo conto.

21 giugno: Get Lost

Dove andare? Cosa vedere?
Ho imparato a leggere guide e blog di viaggio, per poi fare tutto il contrario e lasciare che la filosofia del “get lost” prendesse il sopravvento.
Nel caso di viaggi in Paesi “sicuri”, infatti, perdermi senza una meta precisa è la cosa che mi piace di più.

Mi sveglio alle sette e dopo essermi crogiolata qualche secondo nelle coperte, sento l’albero in giardino picchettare sul vetro della finestra a ghigliottina.
Uno scoiattolo rossiccio si sta buttando con grande slancio nell’erba, per fare colazione subito dopo, con quelle zampine veloci veloci e l’aria furbetta. Accanto a me, la gatta tigrata della mia ospite lo guarda molto diversamente da come lo guardo io, con le pupille dilatate e la coda che batte impaziente. Così sono i piccoli felini: si fanno coccolare, ma quando l’istinto li chiama non ci sono per nessuno.

E’ una giornata ventosa e soleggiata, indosso i leggins sotto agli shorts e una maxifelpa caldissima, mi studio il percorso da casa al centro città. Esco lasciandomi alle spalle la scala a chiocciola dai gradini consumati, la vecchia porta verniciata di nero e i roseti vivaci, le case edoardiane dai comignoli anneriti e la scuola elementare, proprio mentre suona la campanella e i più ritardatari si tirano il cravattino dell’uniforme verde uno con l’altro. “Stop it!” “You stop it!”

Non ho mai imparato ad orientarmi con le cartine stradali, per questo sono convinta di dirigermi verso la New Town, ma dopo aver attraversato i Meadows (un grande parco aperto che divide il Sud della città dal centro) mi perdo. Ho preso la decisione di muovermi solo a piedi per tutta la durata del soggiorno; così, digiuna e stanchissima, mi fermo dopo circa tre ore di cammino. Fa troppo caldo per essere in Scozia, ma se mi scopro ho freddo. Tipico in UK.
Un ottimo panino mi rimette in sesto e la prima tappa sensata, seppure casuale del mio viaggio è da Blackwell’s, un’enorme libreria. Sono stata infatti attirata da una vetrina interamente dedicata a Harry Potter: una scopa e gli stemmi delle case di Hogwarts mi rubano uno stupore che mi fa tornare undicenne.
Spingo la pesante porta a vetri, e nel momento in cui metto piede sulla moquette blu, l’acqua inizia a scrosciare con violenza sul marciapiede. Appena in tempo!
Per qualche istante mi fermo ad osservare Chambers Street dall’ingresso. La pioggia svela in fretta chi sono i turisti e chi i locals. I primi imprecano, qualcuno tira fuori un k-way; i secondi ridono, al massimo si riparano con un giornale, continuando a camminare come se facessero due gocce.

Scendendo al piano seminterrato, lo spettacolo che si para davanti ai miei occhi è meraviglioso: una sala spaziosa ma raccolta, ospita albi e libri illustrati di ogni tipo. Ci sono delle comode poltroncine per piccoli e grandi. I volumi sono ordinati e divisi per target di età, ma soprattutto, gli scaffali sono pieni da scoppiare! C’è un silenzio ovattato, quasi irreale. Inizio a dare un’occhiata e poi mi tuffo in quell’amato mare di colori.
Molti dei miei illustratori preferiti sono introvabili in Italia, altri libri vengono importati con un certo ritardo, quindi decido che si vive una volta sola e imbottisco la shopping bag con un bottino di tutto rispetto!
Per scoprire quali libri ho comperato, potrete leggere il post dedicato, questo venerdi! :-)

Michael, il commesso di Blackwell’s, mi racconta che per secondo lavoro fa proprio l’illustratore per l’infanzia e mi mostra alcuni dei suoi ultimi libri, orgoglioso e un po’ imbarazzato. Nonostante siamo in pieno centro, la libreria è semi deserta e così abbiamo tutto il tempo di chiacchierare di editoria, della fiera di Bologna, del rapporto con le agenzie di illustrazione. Sono partita da un solo giorno e sto già parlando di lavoro. Noi illustratori siamo davvero incorreggibili e siamo come i maghi fra i babbani: abbiamo il potere di scovarci uno con l’altro!

22 giugno – Posti fantastici e dove trovarli (per caso!)

Questa per me è la quarta volta che torno a Edimburgo, ma non ho mai finito di girarla in lungo e in largo per un motivo o per l’altro. Non che stavolta creda di riuscirci; in ogni caso, sono decisa a trovare il White Horse Close, e penso che niente e nessuno mi fermerà.
Ecco come sono andate le cose in realtà.
Mi sono svegliata troppo tardi, il bagno era occupato e dopo mezz’ora di passeggiata per i Meadows, in compagnia di scoiattoli e sportivi salutisti che mi facevano sentire in colpa per il bagel appena sbafato, sono arrivata a Lauriston Place sotto un cielo color acciaio.
Dopo vari viaggi nel Regno Unito so che l’ombrello è perfettamente inutile (in particolar modo in Scozia, dove si rompe dopo pochi istanti) perciò non l’ho portato e mi sono limitata ad alzare il cappuccio della felpa, certa che la shower sarebbe arrivata e durata poco, come al solito.

Non avevo fatto i conti con quella strana assenza di vento: le nuvole, pesanti e basse, erano lente, letargiche. In meno di venti secondi mi sono trovata completamente zuppa dalla testa ai piedi. Dopo essermi fermata per dieci minuti sotto a una tettoia, ho dovuto constatare che no, non smetteva.
Sono entrata in un grande edificio, un po’ antico e un po’ contemporaneo. Mi veniva da ridere all’idea che mi stessi davvero strizzando i capelli come faccio prima di uscire dalla doccia. Attorno a me, molti turisti si battevano giacche e pantaloni grondanti di acqua, una folta scolaresca in uniforme blu navy e argento era tenuta a bada da due maestre dall’aria raggiante, qualcuno si era seduto sui divanetti di pelle nera sospirando sonoramente di sollievo e di stanchezza.

Dopo aver apprezzato la mia stessa previdenza, ho messo nello zaino i vestiti umidi, mi sono cambiata e guardandomi attorno ho scoperto uno dei posti più ispiranti in cui sia mai stata: il National Museum of Scotland. Ecco una piccola gallery (ingrandibile) degli spazi al primo e secondo piano.

Al piano terra sembra di addentrarsi in qualche segreta. Gli archi di pietra e le luci mai eccessive sono un vero invito a restare, a saperne di più. Un affascinante insieme di geroglifici egizi e un gigantesco lampione vittoriano a pochi metri di distanza, sono esposti nella hall come se fossero comuni decori. Armi medievali e vasellami ispirati all’Arte buddhista accompagnano l’ascesa al primo piano. Purtroppo, qui è troppo buio e non sono riuscita a fare fotografie.

La mia volontà di raggiungere il White Horse Close svaniva poco a poco; qualche minuto prima pensavo di rimanere solo per ripararmi dalla pioggia, ora qualcosa era scattato. Un bisogno di esplorare, una gioia pervasiva di essere lì. “Get lost!”, il mantra che non si smentisce mai.
Il calmante colore pastello delle pareti poi ha fatto il resto. Decido che qui dentro ci passerò tutto ciò che resta della giornata, fino all’orario di chiusura.

Al National Museum c’è tanto amore per l’Arte e il bello, per la Storia intesa nel suo senso più grande ed inclusivo, per la cultura, per la Scienza e la tecnologia.
Da un museo che unisce una vezzosa struttura di tardo Ottocento ad una pratica incursione contemporanea non potevo aspettarmi di meglio.

Mi siedo per pranzare nella caffetteria al primo piano, concedendomi uno shortbread super burroso e mi rilasso disegnando un po’; mi allontano proprio mentre il Millennium Clock Tower inizia ad intonare i suoi rintocchi ispirati ad una sinfonia di Bach.
Una piccola folla gli si raduna intorno. E’ uno spettacolo bellissimo! L’orologio, terminato nel 1999 per mano di mastri vetrai, scultori, mobilieri e perfino da un’illustratrice, permette di specchiarsi nel grande pendolo argentato, mentre figure umane ed animali si muovono tutto intorno alla struttura, in un gioco di luci ben sincronizzate. E’ strano trovarsi lì; l’ultimo rintocco rimbomba per la sala, nella penombra che gli è stata riservata, e grandi e piccoli, sembriamo tutti svegliarci da un sogno ad occhi aperti. E’ svanito un incantesimo e a quel punto, tutti ci disperdiamo.

Mi sono fatta catturare dalla storia antica, celtica e precristiana, da quella moderna e contemporanea. Le indicazioni non mancano, ma anche all’interno del museo mi sono abbandonata ad un’esplorazione votata alla pura serendipità.
Con grande sorpresa, il materiale espositivo sulla tradizione scozzese è meno di quanto mi aspettassi, ma in compenso scopro che grande rilievo è stato dato alla storia del design tessile e della stampa. In diverse sale del museo ci sono matrici, timbri, ma anche giganteschi volumi di pattern e motivi, campionari che avrei tanta voglia di potere sfogliare ma che purtroppo (e comprensibilmente) sono chiusi in teche inaccessibili.

A commuovermi è l’indissolubile legame fra passato e presente, che i curatori del National Museum sembrano aver voluto sottolineare in ogni modo.

In più, è come se non esistesse una vera e propria “gerarchia” degli elementi in esposizione: così antico e moderno si alternano, occidentale e orientale si sfiorano, scienza e Arte si incontrano.

Decido di chiudere la visita spingendomi al settimo piano. L’ascensore di vetro è affollato. La vista sulla città dalla terrace è suggestiva: il mare in lontananza a Est, il castello di Edimburgo a Ovest, sulla sua maestosa rocca scura.
Il vento è piuttosto forte e fa ondeggiare tutti i fiori e le piante che circondano la spaziosa terrazza. Il cielo è ora limpido, ora buio e autunnale. Edimburgo è bella di una bellezza ricca e vanitosa, un po’ austera eppure sfacciata al tempo stesso. I palazzi di arenaria resistono da secoli alle piogge scroscianti e ai gelidi inverni. Mi piace pensare che quella resistenza perduri per fierezza ed orgoglio, per essere ammirata proprio come la sto ammirando io, mentre mi stringo nella giacca a vento tenendo gli occhi socchiusi.

Un post condiviso da RDD Morena Forza (@robadadisegnatori) in data:

Nella seconda ed ultima parte di diario: Harry Potter everywhere! – Museum of Childhood tra giocattoli, antichi libri illustrati e piccoli misteri – Rotta verso nord! Manieri, bassa marea sull’Atlantico, giardini mozzafiato e libri vintage a una sterlina.

Credit foto della vetrina: 1

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