Il riferimento fotografico e le reference dei classici Disney

Era da un po’ di tempo che pensavo a come presentare questo post. Oggi sono capitata casualmente su un album dedicato alle foto reference Disney e ho deciso di rispolverare l’argomento.

Trovo sempre un po’ di resistenza nei confronti dell’uso di reference (riferimenti) per la costruzione delle tavole, sopratutto quelle articolate per composizione o anatomia.
In realtà non c’è nulla di sbagliato nell’utilizzarle: il riferimento, nel disegno, fornisce un’impronta importante per chi sta imparando a disegnare, per chi deve solidificare la propria esperienza e studiare forme e proporzioni specifiche di soggetti non comuni; ma non è tutto.

Molti restano stupiti nell’apprendere che in realtà, l’uso di riferimenti fotografici o video, è sempre stato prezioso anche per chi si occupa di disegno per professione. Se è vero che non bisogna sviluppare un’eccessiva dipendenza dai riferimenti (il rischio è quello di non poter disegnare senza cercare una reference), il conflitto fra vedere e sapere è sempre dietro l’angolo.
Chi si rifiuta tout court di cercare pose, luci, oggetti o ambientazioni, infatti finisce spesso col creare tavole banali e limitate, perché è costretto a fare affidamento sulla propria memoria; in parole povere, il cervello accumula una serie di informazioni su ciò che ci circonda e rischiamo di disegnare in modo un po’ preconfezionato senza guardare davvero il nostro soggetto. Oppure, senza esplorare le sue varianti nella forma, nel colore e nella posizione che occupa nello spazio.

Nel libro “Le chiavi del disegno” di Bert Dodson, questo è spiegato più chiaramente:

© Bert Dodson / Newton
© Bert Dodson / Newton

Anche se in questo caso, l’autore fa riferimento unicamente al disegno dal vero, questo è un funzionamento che scatta anche fuori dal tipo di contesto menzionato.
Il riferimento fotografico può non essere forte come quello di un soggetto dal vero, ma senz’altro dà la possibilità di aggiungere dettagli e forme che migliorano la qualità della tavola e di renderla più viva ed interessante.

Nel campo specifico dell’animazione, invece,  l’uso di reference è più spontaneo. Sono ormai celebri certe sequenze live action e dietro le quinte dei classici Disney, per esempio. Gli artisti ed animatori Disney infatti, facevano costruire abbozzi di scenografia e di costumi da far indossare ai modelli; è molto affascinante notare le somiglianze e le dissomiglianze fra modelli, scenari e risultato finale.
Le immagini che seguono sono ormai molto conosciute, ma mi piace comunque poterne archiviare qualcuna in questo post, trovo siano molto belli ed evocativi.

Alice nel Paese delle Meraviglie (1951)

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Le avventure di Peter Pan (1953) Per l’intero album cliccare qui.
Queste immagini e diverse sequenze sono contenute nella versione Diamond del Blue Ray.

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Cenerentola (1950) I fotogrammi che seguono sono contenuti nella Diamond Edition del DVD

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La carica dei 101 (1961)

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Il modello per la tata... era un uomo!

La macchina di Crudelia

Ci sono inoltre alcuni video che è sempre bello rivedere, fra cui quello della danza di Aurora ne “La bella Addormentata”

 

e quello di Ariel, per le sue espressioni e movenze in diverse sequenze del film “La Sirenetta” (1989). Anche questi contenuti si trovano nel DVD Platinum.

Chi ha paura delle reference, adesso? :-)

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  1. Ciao!
    Bellissimo articolo: da bambina ho consumato un vecchio libro della Disney, dell’epoca seguente all’uscita de “La Bella Addormentata nel bosco”, che era di mia mamma da ragazzina. Il titolo mi sembra sia “L’arte dei cartoni animati”. Una delle parti che preferisco è proprio quella del confronto tra scene create coi modelli e il risultato trasposto nell’animazione finita, e quella affine della creazione dei paesaggi di sfondo… non c’è nulla di cui vergognarsi nel copiare dal vero!
    Grazie Morena e buon lavoro!

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