Quella volta che alla Fiera di Bologna… – Di Davide Calì

Edizione 2013 della Children's Book Fair di Bologna. Foto di Christoph Peter
Edizione 2013 della Children’s Book Fair di Bologna. Fotografia di Christoph Peter

Sono tante le storie che, ogni anno, si incrociano alla Bologna Children’s Book Fair. Sono storie piccole o grandi, storie di persone e, naturalmente, di libri.
Ognuna mi insegna qualcosa oppure mi diverte e mi ricorda che non esiste mai una sola verità; a questo giro a raccontare alcuni frammenti di Fiera è Davide Cali, che nel corso di questi anni ha firmato alcuni tra i più interessanti post per Roba da Disegnatori.
Devo essere sincera, non pensavo che ad un autore famoso potessero succedere certe cose! :-)
Quali sono le vostre storie più buffe legate alla Fiera?
Buona lettura.

Quella volta che alla Fiera di Bologna…

di
Davide Calì
Quest’anno torno alla Fiera di Bologna dopo un paio di anni di assenza ed alcune edizioni alle quali sono andato solo per qualche conferenza o una seduta di dediche. In realtà già l’anno scorso ero andato per tre giorni, ma in modo un po’ disorganizzato, senza prendere impegni.
Per l’edizione 2016 invece ho l’agenda piena. Il fatto è che, se per qualche anno ho fatto a meno della Fiera perché ho lasciato lavorare gli agenti e perché gli editori francesi li vedo già in Francia, in tempi recenti ho cominciato molte collaborazioni con editori non francesi e l’unico modo per vederli è a Bologna.
In questi giorni ripensavo agli incontri che ho fatto nel tempo nei quattro fatidici giorni di Fiera e mi è venuta voglia di condividerne qualcuno con voi.

SonjaBougaeva_MarlèneBaleine_Sarbacane
Sonja Bougaeva “Marlène Baleine” © Sarbacane – Edito in Italia da Terre di Mezzo


Quella volta che…

mi hanno detto che il mio personaggio 
era grasso nel modo sbagliato

Era la prima volta che portavo in giro un progetto. Era una serie con un personaggio buffo, che poi non è mai stata pubblicata. L’ho mostrato a diversi editori, anche importanti, ma ero ancora all’inizio, nella fase in cui cerchi un parere da chiunque. In un momento di pausa mi trovavo davanti a uno stand collettivo di editori africani. A un tavolo c’era un signore dall’aria gentile, incrociamo lo sguardo, lui sorride e io gli chiedo se vuole vedere un progetto.
Lui, cortese, mi fa accomodare, sfoglia con cura la mia maquette, poi mi dice che gli editori in Africa sono poveri, che non mi sarebbe convenuto lavorare con loro, ma soprattutto che lavorano a libri educativi, per insegnare ai bambini piccole norme come lavarsi i denti ecc.
“E poi,” aggiunge, “il tuo personaggio non andrebbe bene perché è grasso nel modo sbagliato.”
Proprio così, grasso nel modo sbagliato.
Sbagliato perché è grasso come un bianco. Nei libri africani personaggi facilmente sono neri, ma cambiargli colore non basta. “Dovrebbe essere anche grasso come un nero, perché forse non ci hai fatto caso, ma noi ingrassiamo in modo diverso.”
Senza volere, l’editore quel giorno mi ha dato un grande insegnamento. Quando pensi di vendere il tuo lavoro in un Paese diverso dal tuo non basta tradurlo in una lingua comprensibile, ci sono tante cose che devi tradurre, e tutto ciò che dai per scontato può essere diverso. Anche un uomo sovrappeso.

"Io aspetto" Davide Calì Serge Bloch Kite Edizioni
Serge Bloch “Moi, J’attends” – © Sarbacane Edito in Italia da Kite Edizioni


Quella volta che…

mi hanno detto che non ero
abbastanza originale

Erano i primi anni in cui cercavo un editore francese. Allo stand collettivo del Padiglione 30 penso di averli visitati tutti più volte. I miei progetti piacevano ma nessuno riusciva a trovargli un posto nel proprio catalogo. Parlai anche con una casa editrice molto ambita da tutti all’epoca. L’editrice sfogliò i miei progetti, poi mi congedò dicendo che non andavano bene e aggiunse, con una punta di antipatia, che non erano sufficientemente originali per il loro standard. Per quanto le critiche sul tuo lavoro possano bruciare, non credo di averle mai serbato rancore per quel commento un po’ saccente. Pochi anni dopo però ci siamo rincontrati a una cena. Veniamo presentati, anche se io mi ricordavo di lei. Quando sente il mio nome lei sembra seccata.
“Ah, – mi fa “così è lei è quello che si è preso il mio premio!”
Avevo appena vinto il Baobab con Moi, j’attends, un premio che contava di prendere lei con un suo libro. Ma non penso di averlo sottratto a nessuno con intenzione.
A quel punto avrei dovuto dirle, “Sì sono proprio io, quello che solo due anni fa non ti sembrava sufficientemente originale, gnà, gnà, gna!
Invece ho fatto un sorrisetto stitico e mi sono allontanato verso il buffet per vedere se erano rimaste tartine al salmone.

Catarina Sobral _A casaquevoou_Bruàa
Catarina Sobral “A casa que voou” © Bruàa


Quella volta che…

mi hanno detto che dovevo
mettermi in fila

Questa è una cosa strana che mi è capitata pochi anni fa. Ero già famoso e infatti quando chiedo appuntamento a questo editore spagnolo mi risponde che sarà felicissimo di vedermi. Quindi mi dà un appuntamento in Fiera.
Quando arrivo allo stand vedo che c’è una fila di ragazzi che aspetta di far vedere il portfolio. Mi avvicino allo stand e dico chi sono e che ho un appuntamento con l’editor. La persona dall’altra parte mi dice di mettermi in coda. A questo punto ripeto che ho un appuntamento e le porgo il biglietto da visita. Lei lo guarda con sufficienza, poi mi indica la fila.
Se ve lo state chiedendo, no, non mi sono messo in fila.
Non li ho più cercati e altrettanto hanno fatto loro.

Benjamin Chaud_Ididntdomyhomeworkbecause_Chronicle Books
Benjamin Chaud “I didn’t do my homework because…” © Chronicle Books – Edito in Italia da Rizzoli


Quella volta che…

mi hanno detto che ero
un genio

Credo che sia l’episodio in assoluto più divertente che mi è capitato in Fiera.
Cercavo un agente e non sapendo da dove cominciare ho fatto quello che forse, ingenuamente, all’inizio fanno tutti. Ho consultato la lista degli agenti in Fiera e dopo aver selezionato quelli che, guardando il loro sito, mi sembravano adatti, li ho contattati spiegando cosa facevo. L’unica a rispondermi per farmi un appuntamento è un’agente americana.
Quando arrivo alla reception e faccio il suo nome mi presentano una signora dall’aria molto simpatica. La signora comincia a guardare i miei progetti e non nasconde un certo apprezzamento. Una pagina dopo l’altra mugola letteralmente di piacere davanti al mio lavoro, finché non esplode in un “Oh my gosh, this si wonderful!” quindi scatta in piedi e chiama suo marito che ha un appuntamento in un altro cubicolo.
Devi venire qui, questo ragazzo E’ UN GENIO! 
Il marito lascia l’appuntamento al suo cubicolo e viene a vedere il mio lavoro.
Seguono 5 minuti buoni di mugolii di approvazione che sembrano preludere a un vero orgasmo. Io rimango calmo. Dentro di me faccio le capriole suonando le maracas, ma fuori mostro una perfetta faccia da poker. Aspetto che abbiano finito di sfogliare l’ultimo progetto e poi cerco la conclusione. Gli è piaciuto tutto (piaciuto è un pallido eufemismo) per cui mi sento di poter chiedere “Quale progetto pensate di rappresentare?”
“Rappresentare? Ah, nessuno, noi ci occupiamo solo di romanzi. Ma grazie di essere passato!”

Se fosse una sit-com, a questo punto partirebbero le risate registrate.

RaphaëlleBarbanègre_BonsbaisersNewYork_Gulf Stream
Raphaëlle Barbanègre “Bons baisers ratés de New York” © Gulf Stream

In Fiera può succedere di tutto

Ho imparato che alla fine non esistono incontri veramente inutili. Tutto quello che ti capita acquista un senso con il tempo. Infatti:

  • Ho seguito il consiglio di guardare come ingrassano le persone e ora quando viaggio è diventato un mio gioco: osservare le persone e cercare di indovinare da dove vengono. L’editore aveva e ragione: non solo bianchi e neri ingrassano in modo diverso, ma anche tra i bianchi una pancia può raccontare molte cose.
  • L’editrice che mi aveva cassato in modo un po’ antipatico non l’ho più vista. La casa editrice che era stata molto rivoluzionaria negli anni 90 ora produce libri molto più comuni.
    La ruota gira per tutti ed è difficile rimanere sulla cresta per sempre.
  • L’editore spagnolo che mi chiese di mettermi in fila ho saputo poi che è uno di quelli che non paga. Forse alla fine, quella scortesia allo stand è stata provvidenziale e mi ha evitato delle seccature.
  • Quanto all’agente americana, dopo qualche anno ne ho trovata una super, con cui lavoro benissimo. Ma insomma, per tutto ci vuole tempo e perseveranza.

E forse sì, un pizzico di fortuna ogni tanto, non guasta.

FINE

Davide Cali terrà un corso di scrittura per l’infanzia a Padova il prossimo giugno, da Artelier. Super consigliato, visto che ho partecipato un paio di anni fa: ne avevo scritto qui su RDD.

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  1. Giusto un paio ma confido di averne nuovi da collezionare anche quest’anno:
    Secondo anno di fiera: sto uscendo dalla fiera e un pagetto mi ferma. Ero insieme a Giacomo Garelli e Srimalie Bassani. sorpreso chiedo se voleva vedere solo me (tutti eravamo armati di portfolio nero enorme). Sorpreso ancora di più del suo si mi indica un grosso, grosso, grosso arabo seduto su UNA POLTRONA (no sedia, POLTRONA) e mi fa avvicinare. Convenevoli anche scarni, mi apre il portfolio e con una velocità degna di Bolt mi sfoglia i lavori senza fiatare. (intanto mi accorgo della bottiglia di Jack Daniels dietro la poltrona e degli enormi smeraldi sugli anelli). Appena finisce mi dice: “non fai per noi, ciao”.
    Abbastanza seccato me ne vado mugugnando che la prossima volta deve prendere un appuntamento se mi vuole vedere!

    Questa forse è quella che mi ha dato veraaamente fastidio.
    Grossa casa italiana, riesco a strappare un appuntamento dopo un mese di mail. Mi presento, convenevoli (l’editor arriva in ritardo ma vabbeh). Sto parlando e arriva questo famoso personaggio del panorama italiano. Si salutano, perché si conoscono da molto tempo, e si piazza in piedi a meno di 2 metri da noi con vicino questo tipo. Ovviamente si piazza in maniera tale che l’editore li notasse. dopo un paio di minuti mi ferma e chiede loro se avessero bisogno di qualcosa, il personaggio famoso risponde: “sai, ti ricordo che ti avevo parlato del cugino di X e Y, quello che bla, bla, bla, insomma è lui. Piacere lui è tizio e lui è l’editor”
    Il raccomandato prende fiato e dice che ha della roba da far vedere.
    L’editor mi guarda e mi fa: “Andrea tanto conosco il tuo lavoro, ciao”.
    Scattò sequela di bestemmie in vari linguaggi più o meno localizzabili geograficamente..

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