Due giorni a Padova per giocare fra le righe: il mio fine settimana al corso di scrittura con Davide Calì

Abbiamo tante cose da dire.
Alcune gentili, alcune ironiche, altre ci servono per affrontare le nostre peggiori paure e i brutti ricordi.
E io amo scrivere per questo.

Ero bloccata da molti mesi, forse mi ero dimenticata di come si giocava con le parole, senza analizzarle e giudicarle troppo.
E di come potevo vederle compagne e aiutanti (come sono sempre state da quando ho imparato a leggere e scrivere) invece che come tante farfalle da inseguire con un retino, fino allo stremo delle forze.

Sono tornata da Padova proprio ieri, dal workshop che Davide Calì ha tenuto per Artelier.

Il centro storico di Padova, dove ho soggiornato,
mi ha colpito molto, è stato bello passeggiare tra i portici,
soprattutto durante il temporale che non si è risparmiato venerdi sera.

Davide ha proiettato e ci ha fatto leggere e vedere molti suoi albi illustrati, sia editi che inediti ed è stata una vera esperienza.
Sul momento non sentivo di stare assimilando secondo per secondo, ma mi stavo divertendo molto e ricordo nitidamente un momento in particolare, mentre ci raccontava dei retroscena nel suo albo intitolato “10 carri armati scendevano in guerra” in cui ho pensato che non vedevo l’ora di tornare a casa per aprire il mio personalissimo scrigno di idee. La chiave di quello scrigno si chiama “Posso farlo?”
Perchè “Posso farlo?” è la domanda che mi faccio ogni volta che ho un’idea, come se qualcosa o qualcuno me lo potessero impedire.

Diciamo che, dopo un po’ che si studiano e analizzano regole e funzionamenti di certe attività creative, c’è il rischio di volere aderire ad ogni costo ai criteri standard e di assorbire un po’ di paura nell’approccio con le cose che si vogliono fare.

Davide ci ha dato qualche regola tecnica, ma nessuna di esse è stata un ostacolo; ad un certo punto sono uscita molto debole dal corso, credo con un calo di zuccheri vertiginoso, nonostante Davide mi abbia dato impietosito uno dei suoi biscotti al cioccolato e Daniela Iride Murgia una barretta alla frutta (non ho mai smesso di rubarle cibo, in quei due giorni, scusa Daniela!) forse perchè davvero stavo macinando tantissimo quello che avevo pensato durante la sua lezione.
E poi mi sono trovata nella mia camera d’albergo, un grazioso e luminosissimo mansardato, davanti al mio quaderno di un sobrio verde pistacchio e con le nuvole sopra la testa.

Non sentivo qualcosa che mi tratteneva, non più.
Mi sembrava di avere afferrato la vecchia e rassicurante sensazione che ogni cosa che ci è attorno può essere una fonte di ispirazione, quell’ispirazione che nasce dalla meraviglia per le piccole cose, per le riflessioni sulle cose anche più piccole della nostra quotidianità.
Che ti fa capire che anche un piccolo accadimento può essere il via per una storia; il banale che diventa in qualche modo eccezionale.
C’è bisogno di vedere l’eccezionale nel convenzionale, a volte. Rende tutto più magico o anche solo sopportabile.

Sapevo di avere tante cose da dire: qualcuna gentile, qualcuna buffa, qualcuna malinconica o più poetica, qualcuna più personale e qualcuna puramente fantastica ma non per questo meno reale: chi ha visto “Harry Potter e i Doni della Morte” si ricorderà la frase di Silente “Certo che sta accadendo nella tua mente, ma perchè dovrebbe significare che non è reale?

E quando scrivo, per me è così, forse ancora maggiormente rispetto a ciò che mi accade quando disegno. Quando scrivo non invento; faccio semplicemente quello che Julia Cameron, nel suo bestseller “La via dell’artista” (edito da Longanesi) definisce “mettersi in ascolto”.
In un certo senso io mi metto ad osservare e ascoltare quello che già succede a prescindere da me, e mi limito a riportarlo nella storia.
E’ un processo che può accadere anche col disegno, ma mi riesce meno facile.

Comunque, al corso è stato davvero interessante affrontare gli esercizi, notare come l’immaginario collettivo possa trovare tanti punti di contatto (un paio di finali dei libri di Davide li ho indovinati, e altri che dovevamo inventare li avevano pensati anche altri partecipanti) e sia allo stesso tempo così radicato nel vissuto di ognuno di noi, dando frutti diversissimi. Siamo tutti uguali e tutti unici.

Abbiamo affrontato come si compone una storia, con che ritmo narrativo, che requisiti differenti ci sono per target, mercati, e Davide non è stato affatto avaro di consigli e racconti riguardo i dietro le quinte di alcuni suoi libri.
Anche esplorare le diverse possibilità che un intreccio narrativo offre è stato molto divertente oltre che formativo.

E poi il bello di ogni workshop a cui si partecipa è il venire a contatto con amici che non si vedono da tempo, nuove persone di cui si ignorava l’esistenza fino al momento prima, ma che condividono con noi le stesse aspettative, gli stessi sogni, a volte perfino gli stessi gusti e le stesse idiosincrasie.
Con alcune di loro ti trovi anche la sera e tiri tardi davanti a una tisana alla menta piperita fino a farti cacciare dal loro appartamento (grazie Laura!).

Se doveste chiedermi se consiglio questo workshop dico: assolutamente sì!

P.S.
Vi ricordo che Davide Calì ha scritto diversi articoli per Roba da Disegnatori: potete trovarli qui.

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  1. Mi hai talmente incuriosito con questo post che farò un pensierino a un workshop con Davide Calì.
    Non a quello di Roma però mi terrò informata per i prossimi.
    Grazie come sempre per i tuoi post e sono davvero contenta che tu ti sia sentita così rigenerata.

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