Il contratto standard prevede il 10% sul prezzo di copertina per l’autore, al lordo delle tasse. Se gli autori sono due, scrittore e illustratore, di norma si divide metà per ciascuno, quindi il 5%.
Il guadagno dipende poi dal prezzo di copertina e dalle copie vendute e per valutare la cifra possibile si parte dalla tiratura, che cambia da paese a paese.
In Italia ormai credo le tirature per gli album siano sulle 1000 copie, una cifra al di sotto del numero minimo (1500) per ammortizzare le spese di stampa, che però i distributori hanno richiesto per evitare di accumulare libri nei magazzini, visto che nelle librerie nessuno ne compra.
Fino a qualche anno fa la tiratura media era 2000-2500.
In Francia è 4000-5000, idem in Germania. In Corea mi pare sui 2500-3000, in Portogallo 1000, in Spagna mi pare 2000, ma per ogni lingua: di solito gli spagnoli co-editano infatti i libri in castigliano e catalano (quindi 2000+2000), poi galiziano (1000).
Su un prezzo medio di 15 euro, su 1000 copie vendute, il ricavo per l’autore è 1500 lordi, da dividere se ci sono autore e illustratore.
E se il libro è tradotto in un’altra lingua?
Sulle vendite all’estero – e su ogni genere di adattamento o riduzione, cartacea o multimediale come dvd, cinema, tv, ipad – il contratto standard prevede il 50% per l’editore e il 50% da dividere tra gli autori (25%+25%).
A che cifra viene ceduto un libro per l’edizione estera?
Dipende dal paese che compra, dal cambio delle monete, dal numero di copie che si stamperanno e dal loro prezzo di copertina.
La cifra media di cessione per un album all’estero va dai 600 a 3000 euro.
Quindi il singolo autore, che percepisce il 25%, ricaverà dai 150 ai 750 euro lordi.
Quando vengono pagate le royalties?
Le royalties sono liquidate una volta l’anno e vengono calcolate sui libri venduti nel corso dell’anno solare precedente. Ecco perché è fondamentale una buona programmazione del lavoro. Quando si è finito un libro passano mesi prima che esca sul mercato, poi va venduto. Tra una cosa e l’altra passa un anno prima di sapere come sono andate le vendite e prima di ricevere le royalties.
Nel frattempo bisogna fare dell’altro.
E l’anticipo?
Di norma gli editori versano agli autori un anticipo sulle vendite per finanziarne il lavoro. L’anticipo è una scommessa che l’editore fa, mettendosi in gioco, su un progetto in cui crede. Ovviamente l’anticipo viene scalato dal venduto, quindi se nell’anno di realizzazione il libro vende meno di 1000 copie, gli autori non percepiranno nessuna royalties perché di fatto devono ancora ammortizzare l’anticipo ricevuto. L’ammontare dell’anticipo varia a seconda dell’editore e dell’entità del progetto. Va dai 500 ai 2500 euro.
Qualche volta l’illustratore ne percepisce uno più alto dell’autore, perché il lavoro lo impegnerà di più. Ma poi l’anno seguente guadagnerà meno o anche nulla, visto che la cifra da ammortizzare è più alta.
Che cosa sono le rese e come incidono sul guadagno degli autori?
Se il distributore mette in una libreria 10 copie di un libro e il libraio ne vende, facciamo 5, vi verrebbe da pensare di aver ricavato royalties su 5 copie.
Sbagliato.
Spostare libri costa. Quando il distributore chiede al libraio di pagare i libri il libraio può avvalersi, in alcuni casi, del diritto di resa e rendere le 5 copie che non ha venduto.
Le 5 vengono sottratte contabilmente dal venduto effettivo.
Quindi abbiamo: 10 copie distribuite, 5 vendute, 5 rese.
Il calcolo delle royalties si esegue così:
5 (vendute)
– 5 (rese)
= zero royalties.
Penso risulti chiaro come affidarsi a un buon distributore sia fondamentale per vendere libri. Il distributore senza scrupoli forza la mano del libraio convincendolo a prendere in deposito anche decine di copie di un libro, con la promessa della resa. Ma poi di fatto le rese annullano gli utili, tranne che per il distributore.
Visto che la spedizione della resa è a carico del libraio, perlomeno i piccoli libraio, si ostinano a prendere esattamente il numero di copie che pensano di vendere, anche due per volta, per non rischiare di vanificare i propri guadagni con le spese postali per la restituzione dei libri non venduti.
Questa strategia, unita a un mercato che negli anni è stato il riflesso di una crisi diffusa, ha definitivamente fatto abbassare le tirature dei libri in Italia perché di fatto non uscivano nemmeno dai magazzini dei distributori. Nell’ultimo anno le tirature sono diminuite anche in altri paesi europei.
Che amarezza! Noto anch'io molta severità nelle tue parole nei confronti degli illustratori, ma questo post mi aiuta a capire meglio il punto di vista dell'editore!
Quello che mi colpisce, però, è che si continui a pubblicare tantissimo…e francamente anche tanti libri di bassa qualità. Non parlo da illustratrice…parlo in qualità di mamma di quattro bambini. Passo ore in libreria, e in tutti i reparti libri dei vari centri commerciali…e per trovare qualcosa di bello per loro faccio veramente fatica! Ovviamente ci sono libri interessanti…ma a me sembrano così sommersi dalle porcherie…che è difficile scoprirli! :(
Gaia, ti stupirebbe sapere quanta porcheria la gente voglia comprare.
Si è parlato anche di questo con Innocenti durante la sua conferenza a Bologna.
La maggior parte dei genitori sono consumatori-pecora (non solo i genitori, purtroppo, il fenomeno è diffuso, basta guardare la musica: in quanti ascoltano musica di qualità e non quello che sforna la televisione? Pochi, fidati.) La maggior parte dei genitori compra il libro dei Gormiti e quello delle Winx, nulla di male ma commerciali e quanto a contenuti piuttosto vuoti. Artisticamente poi,tutti uguali (e ti credo visto che sono realizzati a mò di catena di montaggio).
Mia madre lavora in una biblioteca quindi lo vede da sè. I libri con più uscite sono quelli di scarsa qualità ma grande fama, sfornati da realtà televisive o commerciali. "Viola non è rossa" un libro bellissimo e di una delicatezza estrema è uscito UNA volta in SETTE mesi. "Hansel e Gretel" illustrato da Mattotti non è MAI uscito in quasi un anno.
Da illustratrice io vado a vedere quante volte escono in prestito perchè sono curiosa e ogni volta mani nei capelli.
Poi c'è un altro filone che non mi piace, cioè quei libri che vengono spacciati "per l'infanzia" ma di infanzia non hanno nulla. Io stessa ne posseggo ma posso apprezzarli a 28 anni suonati, a 6 mi avrebbero messo gli incubi.
Per me sono ilbri inadatti, inutilmente intellettualoidi e pretenziosi. Questa è la mia visione delle cose :)
Comunque alla base di un consumo di scarsa qualità c'è una domanda di scarsa qualità. A me è stato persino detto (e anche a una mia collega è successo!) "Disegni troppo bene per quello che facciamo". Guarda,se fosse possibile e legale riporterei l'email perchè so che sembra surreale. Ma succede! :D
Lo ha detto anche a me un editore di libri scolastici! Un piccolo editore! :/
Condivido anche quello che dici riguardo i libri molto artistici, ma che non sono affatto per bambini…e di cui alla fiera di Bologna vedi gli stand pieni di illustratori in visibilio! Mi fanno ancora più tristezza! Mi sembra di non essere né carne né pesce! Io vorrei fare libri per bambini, ma le mie illustrazioni non sono mai abbastanza commerciali o abbastanza artistiche e sconvolgenti! :)
Beh, una volta a me dissero che quello che scrivevo era troppo« intelligente ».
Gli italiani mi hanno sempre detto che ero « troppo strano » o « troppo particolare », persino « troppo divertente ».
Ma « troppo intelligente »… sembra un complimento ma non lo è!
E’ vero che le mie storie, anche quelle apparentemente semplici, sono piene di sottostorie e livelli di lettura sovrapposti,
ma ho sempre pensato che semplificare una storia non voglia dire renderla più stupida.
Alla fine con quell’editore ovviamente non lavorai e anzi ebbi la conferma di trovarmi semplicemente nel posto sbagliato.
Penso che ciascuno, indipendentemente da dove è nato o vive, debba poi trovare il “suo posto”. Io sono nato in Svizzera,
sono cresciuto in Italia, poi il mio posto l’ho trovato in Francia e più in generale “nel mondo” visto che giro sempre.
Ho continuato a lavorare in Italia con Zoolibri, perché con loro condivido diverse cose, tra cui una visione più "universale"
rispetto al contenuto dei libri e delle storie.
Quanto alla produzione: è un tema di cui si dovrà dibattere prima o poi.
In Italia si fanno troppi libri. Anche in Francia in realtà. Per quanto il mercato sia fiorente e ricco di offerta, per quanto i
francesi comprino moltissimo, non tutti i libri vendono. Purtroppo il fatto è che la maggior parte degli editori pubblicano
libri per “riempire buchi”.
Se alla base delle edizioni c’è una scelta, almeno in principio, di qualità, poi inevitabilmente con il tempo diventa di quantità.
Se un editore produce 10 libri l’anno e poi cresce progressivamente, fino a 80-100, di solito non diminuisce.
Farlo sarebbe un segno di crisi e significherebbe lasciare mercato agli altri.
Soprattutto i grossi gruppi alle volte editano roba che già sanno di non vendere, al solo scopo di occupare scaffale in
libreria che potrebbe finire a qualcun altro.
Qualcuno compra anche serie solo per toglierle agli altri. Poi magari non le pubblica nemmeno, oppure lo fa ma senza troppa
pubblicità.
L’importante è privare la concorrenza di una serie interessante.
Da un certo punto in poi fare e vendere libri diventa solo marketing purtroppo. E in realtà lo è anche prima, magari un marketing
più pulito, più onesto intellettualmente. Del resto lavorando in un mercato, non si può fare a meno di avere una visione commerciale,
a meno di non dedicarsi a libri d’arte auto-prodotti e auto-distribuiti, quindi al di fuori di ogni circuito.
Ma questo implica poi scelte ed aspettative economiche completamente diverse.
Quanto alla qualità di quello che si trova in libreria, il gusto è soggettivo. Senz’altro in Italia rispetto alla Francia manca
l’educazione ai libri, che poi è solo abitudine, che si acquisisce a scuola, fin da piccoli.
In Italia spesso nella biblioteca di classe non trovi libri decenti, ancora adesso. In Francia e Svizzera ne sono pieni e i bambini
hanno la libertà di leggere tutto quello che vogliono, senza poi farne nessun compito e senza che nessuno imponga le scelte.
I bambini leggono romanzi, storie brevi, lunghe, fumetti.
L’abitudine al libro si coltiva soprattutto così, con la libertà di scelta.
semplicemente un grazie Davide Calì per il suo contributo, leggo sempre volentieri i suoi interventi … e grazie anche a te Morena per curare questo blog
un saluto, francesca
Ciao Davide molto interessante il tuo pezzo. Un solo appunto relativo alle edizioni spagnole. In Spagna si fanno edizioni in castellano, quello che noi chiamiamo comunemente spagnolo. alle volte, quando l'editore lo ritiene opportuno può tradurre in altre lingue delle varie comunità iberiche: in Catalunya il catalano, nei paesi del nord il Vasco etc. Ma le percentuali non sono quasi mai 50%_50%
Sì, come ho detto infatti la maggior parte – di quelli che conosco io e che praticano l'album illustrato – producono e traducono se acquistano dall'estero, almeno in castigliano e catalano. poi c'è il galiziano e altre lingue. in basco personalmente non mi è mai capitato. quanto alle percentuali, come mi pare di aver premesso in questo articolo, è impossibile fare un tariffario universale e preciso. i contratti standard sono questi, poi anche in Italia o Francia c'è chi offre il 40% piuttosto che il 50% e royalties più basse, raramente più alte. L'editoria è un universo difficile da circoscrivere. Anche solo quella per bambini, che ne rappresenta una minima parte è molto sfaccettata per cui ci sono cifre diverse da sottogenere a sottogenere. Mi piacerebbe che chi ha percentuali e dati diversi li mettesse in comune. In diversi per ora mi hanno risposto dicendomi che le mie cifre non corrispondono completamente (infatti ripeto, non sono "universali", sono degli standard per un certo profilo di libro) ma nessuno ha poi postato le sue.
io adoro "La Prossima Volta"